martedì 29 gennaio 2013

Terra bene comune


venerdì 25 gennaio 2013

Assemblea pubblica Terra Bene Comune - Scandicci FI 26 gennaio


Cantiere delle alternative - via della pieve Scandicci Firenze 13:00 - 21:00

Date le ultime novità in materia di gestione dei "terreni demaniali regionali"da parte della Regione Toscana:
-nascita dell'Ente terre regionali e della Banca della Terra (vedi link allegati);
-prevista mappatura dei terreni agricoli demaniali della Regione Toscana;
riteniamo sia di primaria importanza dare vita a gruppi di lavoro territoriali che si preoccupino di elaborare dal basso progetti di gestione e riappropriazione del patrimonio agricolo forestale di proprietà PUBBLICA,
per garantire:
- l' Accesso alla Terra agli aspiranti neo-contadini e ai contadini senza terra.
-che sia data priorità assoluta ad un modello di agricoltura sostenibile e genuina.
-che si prediligano progetti che prevedano spazi di formazione per giovani aspiranti contadini.
-che si supportino quelle esperienze che vanno verso una riacquisizione di Sovranità Alimentare delle comunità locali.
Su questi temi chiamiamo a raccolta tutti i soggetti e le associazioni interessate sabato 26 gennaio presso Manitese in via della Pieve a Scandicci (Fi)
alle ore 15, per partecipare ad una Assemblea pubblica
con il seguente OdG:
-presentazione dei partecipanti
-presentazione di alcuni progetti possibili da sostenere
-analisi del doc. Banca della Terra
-formazione del Gruppo di Lavoro Territoriale TERRA BENE COMUNE


PS : Noi saremo gia sul posto dalla mattina con il nostro mercato contadino, chi vuol venire a farci compagnia (anche con il banco) è il ben venuto.

Ore 13 Pranzo condiviso. Ricordarsi di portare piattoposatebicchiere.
APPELLO PER SOSTENERE I NUOVI CONTADINI            
Nell'ambito delle iniziative utili per concretizzare la campagna per l'accesso alla terra, vorremmo costituire un gruppo di lavoro composto da figure professionali con diverse competenze.
Un nuovo insediamento contadino può realizzarsi se chi ha ottenuto l'accesso alla terra - come proprietario o affittuario per almeno 10 anni - è in seguito in grado di proporre un progetto credibile e realizzabile di coltivazioni. Questo consentirà di chiedere il permesso di costruire un'abitazione  e, di pari passo, la nuova attività dovrà poter effettuare la vendita della produzione agricola in modo trasparente adeguandosi alla normativa fiscale vigente.
Alla luce di quanto detto sono necessari:
 
Un commercialista (aspetti fiscali burocratici legati alla figura dell'imprenditore agricolo)
 
Un agronomo (piano di miglioramento o di sviluppo)
 
Un geometra e/o architetto (progettazione dell'abitazione) in grado di proporre un tipo di abitazione "leggera" dal punto di vista ambientale (legno, paglia, terra cruda..) .
  
.
I costi attuali delle consulenze  di questi professionisti sono in genere tanto alti da impedire sul nascere l'ingresso nel mondo rurale di tutti quelli che, pur dotati di buona volontà e passione, non dispongono di capitali. Per questo abbiamo pensato di diffondere questo appello collegandolo alla Campagna per l'Accesso alla Terra e rivolgerlo a tutto il composito mondo di associazioni di volontariato, onlus, gruppi di acquisto solidale, a tutti quelli che in qualsiasi forma sostengono il mondo rurale, per trovare chi, in modo volontario e quindi gratuito, voglia mettere le proprie capacità a disposizione dei nuovi-futuri contadini..
 
 Per scongiurare qualsiasi possibilità di speculazione immobiliare, i nuovi insediamenti, con le annesse abitazioni, saranno vincolati all'attività agricola e non sganciabili da questa neppure in un futuro remoto.
 
Una volta costituitosi, il gruppo -affiancato da agricoltori già con esperienza ed anch'essi volontari - potrà esere consultato gratuitamente da quanti avranno dichiarato in modo chiaro la propria intenzione di diventare contadini..

Le adesioni possono essere inviate a         
Grazie per i commenti.

venerdì 25 gennaio 2013

La statuetta è della Shell


 
“E il Public Eye Award va… alla Shell!”. Per la seconda volta da quando è stato istituito, l’oscar della peggior multinazionale del mondo se l’è aggiudicato la compagnia petrolifera anglo-olandese. Un “risultato” giunto dopo un serrato testa a testa con la banca d’affari statunitense Goldman Sachs, che ha finito per aggiudicarsi il “riconoscimento” speciale della giuria

di Luca Manes, Re:Common - 24 gennaio 2013

mercoledì 23 gennaio 2013

DOMENICA A BANCAROTTA



27 Gennaio 2013  dalle 10 alle 14
nello spazio BANCAROTTA Via Coroglio (ex ingresso Italsider) Bagnoli Napoli
Casella di testo:
Associazione della Filiera Corta Flegrea
Occasione di incontro, di conoscenza e di scambio con esperienze rurali e artigiane

L’evento è a  RIFIUTI  ZERO per questo PORTA  CON TE :   borse riutilizzabili ,  contenitori usati per i detersivi  alla spina,  bicchieri riutilizzabili per degustazioni.   Sarà possibile conferire  olii esausti vegetali di produzione domestica a cura della Tecnofeed.  
Si è aperta la campagna tesseramento 2013, invitiamo tutte e tutti a continuare a sostenere il progetto Corto Circuito Flegreo con l’adesione associativa e la partecipazione.
Con la presenza di tutti i nostri soci produttori e artigiani, banchetti della del Caffè Tatawelo, del Gas Flegreo.

info:      cortocircuitoflegreo@gmail.com; tel.:  3480079773/0818543238/3382232871  Grazie per i commenti.

RITORNO AL TERRITORIO : UN APPELLO AI CANDIDATI


Ritorno al territorio

 
L’APPELLO ai candidati alle elezioni della Società dei territorialisti. Le firme all’appello sono in fondo.
Per il ritorno al  territorio, bene comune
La società dei territorialisti e delle territorialiste ai candidati delle  elezioni del 24 febbraio 2013: un appello
  • La Società dei territorialisti e delle territorialiste, tra i cui promotori figurano studiosi di varie discipline, dalla storia all’archeologia e  all’economia, dall’urbanistica alla sociologia, dalle scienze agrarie alla geografia, dalla geologia al diritto e alla filosofia (www.societadeiterritorialisti.it), denuncia come la cultura politica dominante nella  attuale competizione elettorale consideri ancora il territorio come mero supporto fisico delle attività produttive e dell’urbanizzazione, anziché assumerne i significati di risorsa, di identità e di opportunità, vale a dire di patrimonio, come base su cui fondare nuove politiche anticrisi. Ilritorno al territorio, quale ricostruzione delle basi materiali di nuove forme di produzione della ricchezza è stato alla base del New Deal keynesiano dopo la crisi del  ’29, di cui il progetto rooseveltiano della ricostruzione delle condizioni ambientali, produttive, agricole, energetiche, sociali della  Tennessee Valley (TVA), è stato l’esempio paradigmatico. A partire dalla  crisi del 2008, crescita, crescita, crescita, senza aggettivi, continua invece ad essere il ritornello del dibattito politico e elettorale, mentre i Governi nazionali sostengono banche e multinazionali, le stesse responsabili della crisi finanziaria globale. Dalla crisi non si può uscire adottando gli stessi paradigmi che l’hanno generata.
  • Anche le recenti politiche messe in atto in Italia per fronteggiare la crisi hanno marcato questa esclusione del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, con la conseguenza di un territorio più vulnerabile, più fragile, spesso ferito e offeso. Riteniamo essenziale una ricomposizione dei saperi verso una nuova attenzione alla cultura dei luoghi,  al territorio come bene comune, su cui le nostre civiltà hanno fondato il proprio benessere, la propria riproduzione, il proprio sviluppo. La rottura di questa coevoluzione fra insediamento umano e ambiente nel mito della sovradeterminazione della crescita economica è concausa del progressivo distacco, nei processi di globalizzazione, tra la crescita stessa e il benessere sociale; dell’abnorme consumo di suolo che accompagna l’espansione smisurata delle urbanizzazioni e della scarsità di cibo; dell’incalzante crisi dell’ambiente e della sicurezza del territorio amplificata dai cambiamenti climatici; dell’allontanamento progressivo dei centri decisionali  dalla capacità di controllo e governo delle comunità locali e dei loro ambienti di vita.
  • Per invertire gli esiti catastrofici di questo processo deve e può essere recuperata una capacità di una visione strategica incardinata sulla   ricostruzione di una cultura e un pensiero del territorio, ai quali facciano seguito politiche di buongoverno territoriale. Per l’Italia in particolare, la cultura del territorio si fonda storicamente su una grande varietà di identità regionali e locali e sulla presenza diffusa di un ricco patrimonio culturale e ambientale: la molteplicità dei paesaggi rurali, la stratificazione millenaria delle città storiche, il policentrismo delle reti insediative e infrastrutturali. Un buon governo che sappia valorizzare questo ricco patrimonio territoriale, integrando politiche culturali, ambientali, economiche e sociali, rappresenta oggi la sfida essenziale per l’innovazione delle politiche pubbliche.
  • In questa direzione  e in controtendenza alle politiche istituzionali, la centralità del patrimonio territoriale è presente in modo capillare e diffuso nelle sempre più numerose esperienze di cittadinanza attiva (comitati, movimenti, pratiche dell’abitare e del produrre di tipo comunitario e solidale, enti pubblici territoriali virtuosi). Questa centralità assegnata al territorio, ai suoi saperi e sapienze, induce comportamenti di cura, manutenzione e valorizzazione, verso una conversione ecologica e territorialista dell’economia, basata sulle peculiarità dei territori, sulla “coralità produttiva dei luoghi” e su nuove forme di coscienza civica. Queste esperienze diffuse sollecitano una visione politica in cui la cura dei mondi di vita vissuta in comune riacquista centralità, riconoscendo l’abitante competente e la pratica della partecipazione come basi di una rinascita della democrazia, capace di svincolare la nostra società dai meccanismi spesso rovinosi dell’economia globale.
  • La sfida del ritorno al territorio come bene comune che la Società dei territorialisti e delle territorialiste propone al dibattito pubblico si articola nelle seguenti quattro proposte:
  1. 1.    Il ritorno alla terra
Un intero ciclo di sviluppo fordista si è basato, dal secondo dopoguerra, sull’esodo dalle campagne, dai molti ‘Sud’ alpini e appenninici verso le aree metropolitane di pianura e le coste. Un primo punto programmatico è l’attivazione di politiche e progetti per un controesodo che realizzi un nuovo popolamento rurale.
Questo popolamento deve perseguire obiettivi su due fronti:
a) l’elevamento della qualità della vita urbana: nutrire le città con cinture agricole peri-urbane produttrici di  cibo sano a km zero (orti, frutteti, giardini, fattorie didattiche, mercati locali) e estesi parchi agricoli multifunzionali; elevare la qualità abitativa delle periferie (standard di verde agricolo “fuori porta” fruibile); riqualificare i margini urbani (qui finisce la città, là comincia la campagna); salvaguardare le città dalle conseguenze sempre più catastrofiche del dissesto idrogeologico;
b) l’elevamento della qualità della vita e della produzione del  mondo rurale: fermare i processi di deruralizzazione; ridare dignità alle attività primarie e al modo di produzione contadino, denso di saperi riparativi dei disastri ambientali e sociali dell’agroindustria, attraverso i suoi intrinseci caratteri multifunzionali; ridurre  l’impronta ecologica con la chiusura locale dei cicli dell’acqua, dei rifiuti, dell’energia, dell’alimentazione; elevare la qualità ambientale (salvaguardia idrogeologica, qualità dell’aria, dell’acqua, delle reti ecologiche e del paesaggio).
I percorsi delineati del ritorno alla terra restituiscono un ruolo centrale  ai paesaggi rurali storici con le loro sapienti regole ambientali, idrogeologiche, ecologiche, produttive, in grado di dare indicazioni per la multifunzionalità dell’agricoltura, per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico e garantire una sostanziale sovranità alimentare alle comunità locali e al nostro Paese nel suo complesso.
  1. 2.    Il ritorno alla montagna
Il 78% del territorio nazionale è collinare e montano: il ritorno alla terra assume perciò questa centralità ambientale e culturale.
Veniamo da una civilizzazione industriale matura (fordismo) che ha fatto delle pianure, dei fondovalle, delle coste il proprio campo di battaglia, seppellendone il territorio, l’ambiente, il paesaggio sotto i propri capannoni prefabbricati e le «fabbriche verdi» dell’agroindustria, desertificando il territorio montano e, in parte, quello collinare con il dilagare di  seconde case, impianti sportivi, alberghi, riforestazione spontanea e disastri idrogeologici. Il ritorno alla montagna, ad abitare le valli alpine e appenniniche e gli entroterra costieri, è un ‘controesodo’ culturale verso una società agro-terziaria avanzata che sappia riconoscere il valore di “retroinnovazione” del proprio patrimonio ambientale e culturale.
Le politiche pubbliche integrate da attivare per favorire questo controesodo nelle aree interne  riguardano: una nuova visione della mobilità,  delle infrastrutture e dei  servizi di rete per i piccoli centri, i borghi, le case rurali; l’accesso ai servizi urbani; politiche per le abitazioni e le reti culturali per i giovani agricoltori; per lo sviluppo di  tecnologie, filiere produttive appropriate e dei mercati locali.
3.   Il ritorno alla città
L’urbanizzazione contemporanea nelle sue molteplici declinazioni di città diffusa, sprawl urbano, ville éparpilleeville éclatee, città infinita, rururbanizzazione e cosi via, ha distrutto il valore antropologico riconosciuto all’ars aedificandi dalla civilizzazione urbana occidentale, dalla polis, al municipium, al libero comune, alla città moderna. Questa dissoluzione del concetto di città, che ha il suo acme nella megacity, interpretata in molti rapporti ufficiali come il futuro innovativo per 7 miliardi di abitanti, rappresenta per noi al contrario una tendenza catastrofica di mort de la ville, insieme all’erosione progressiva dei suoli fertili. Rispetto a questa tendenza  proponiamo la ricerca di  forme nuove, alternative di organizzazione del territorio che restituiscano agli abitanti l’urbanità, lo spazio di relazione, la qualità della vita urbana e ai milieu urbani la capacità di innovazione. La ricostruzione di reti di città policentriche in cui rinascano spazi e funzioni pubblicherelazioni di prossimitàqualità ambientalerelazione sinergiche con il proprio territorio rurale,  sulle ceneri delle sconfinate conurbazioni periferiche.
4.  La crescita di sistemi socioeconomici locali
La riflessione sulle prime tre declinazioni del ritorno al territorio richiede di focalizzare la sfida sunuove forme di produzione della ricchezza, che sappiano trarre dalla ricostruzione dei beni patrimoniali locali le basi materiali della produzione di valore aggiunto territoriale. Nuove forme di intrapresa economica, adatte a promuovere  i sistemi locali territoriali e forme di scambio solidali, a mettere in valore e a gestire beni comuni territoriali, ambientali e paesaggistici,  richiedono ruoli nuovi del governo del territorio nella ricerca di diversi sistemi socioeconomici, nella consapevolezza cheinvestire in territorio, ambiente e paesaggio può produrre nuova ricchezza durevole, ovvero nuove forme di redditodi attività produttive, di servizi ecosistemici e sociali. Alla base di questi sistemi produttivi sta la sovranità energetica: una nuova forma di produzione che deriva dapeculiari mix energetici locali fondati sulla valorizzazione integrata delle risorse naturali e territoriali in coerenza con la valorizzazione ambientale e del paesaggio. Non basta, per la conversione alla  green economy, passare dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili (che anzi determinano con i grandi impianti nuovi degradi ambientali e paesaggistici): occorre che queste risorse siano gestite in forme diffuse con la partecipazione consapevole delle popolazioni e dei governi locali, e che tutto ciò contribuisca a costruire le condizioni dell’autogoverno delle comunità territoriali.
Gennaio 2013
Per il Comitato scientifico della Società dei Territorialisti
Alberto Magnaghi       (urbanista, Emerito, Università di Firenze)
Giacomo Becattini       (economista, Emerito, Università di Firenze) 
Piero Bevilacqua          (storico, ordinario Università La Sapienza, Roma)
 Stefano Bocchi,           (agronomo, ordinario Università degli Studi di Milano)
Mariolina Besio,           (urbanista, ordinario Università di Genova)   
Luisa Bonesio,              (filosofa del paesaggio, docente Università di Pavia).
Paola Bonora,               (geografa, ordinario, Università di Bologna)
Lucia Carle                   (storica e antropologa, Università di Firenze e EHESS, Parigi)
Pier Luigi Cervellati    (architetto, già ordinario IUAV Venezia)
Mauro Chessa               (geologo, presidente della Fondazione dei Geologi della Toscana)
Sergio De La Pierre,     (sociologo delle comunità territoriali.)
Giorgio Ferraresi          (urbanista, già ordinario, Politecnico di Milano
Angelo Marino              (geografo, pres . Società di Ecofilosofia, Treviso
Ottavio Marzocca         (filosofo, Associato Università di Bari)
Luca Mercalli                (climatologo, Presidente Società Meteorologica Italiana)
Giorgio Nebbia              (emerito, Università di Bari)
Aimaro Oreglia d’Isola (architetto, Emerito del Politecnico di Torino)        
Giancarlo Paba              (urbanista, Ordinario, Università di Firenze)
Rossano Pazzagli           (storico, Associato Università del Molise)
Pier Paolo Poggio,         (direttore della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia)
Daniela Poli                   (urbanista, associata Università di Firenze)
Massimo Quaini            (geografo, Ordinario Università di Genova)
Saverio Russo                (direttore del Dipartimento di studi umanistici dell’Università di Foggia
Enzo Scandurra            (urbanista, Ordinario Università La Sapienza, Roma)
Gianni Scudo                 (tecnologo, Ordinario Politecnico di Milano)
Guliano Volpe               (archeologo, Rettore Università di Foggia)

martedì 22 gennaio 2013

Educare i bambini ad un economia felice



Carissimi,
 
vorrei segnalare alla vostra attenzione la recente uscita del volume Economia felice. Educare i bambini a uno stile di vita consapevole (collana partenze, pp. 142, Euro 16,50) di Carlo Carzan e Sonia Scalco, fondatori dell’associazione palermitana “Così per gioco”.
Questo manuale – strutturato in otto parti che introducono agli elementi base dell’economia poi destrutturati e/o riconvertiti attraverso attività e giochi – è uno strumento rivoluzionario perché insegna ed educa i bambini a non sprecare, a riconvertire i rifiuti, a risparmiare, a desiderare di meno e il necessario. Noi lo consegniamo a insegnanti e genitori, a educatori e a formatori, a tutti coloro che hanno a cuore il futuro e i loro protagonisti. Perché la rivoluzione vera, che può cambiare il sistema economico di uno Stato, anche il nostro, comincia non solo dal basso ma anche da come educhiamo i nostri figli a investire, a usare le cose e riusarle, ad acquistare, a vivere le risorse scarse che abbiamo non come privazione ma possibilità di cercarne di nuove, magari alternative e sane.
Un libro di attività. Perché l’economia non la fanno solo gli economisti, ma ognuno di noi con le sue scelte di vita. Dal carrello della spesa, ai pannelli fotovoltaici sui tetti. È un cambio di mentalità, di approccio, di sguardo. Educare a sapere e a saper fare in modo diverso.
In questo modo il PIL, che per noi è una condanna, per i più piccoli potrà diventare BIL (Benessere Interno Lordo) ma anche FIL (Felicità Interna Lorda) e anche GPI (Genuine Progress Indicator), parametri che tutti noi vorremmo, ma al raggiungimento dei quali non siamo stati abituati.
Un manuale da usare, con la consapevolezza che educando i bambini a una economia felice potremo uscire tutti dalla crisi. Ci salviamo se da subito educhiamo ad altri stili di vita. Ed educando loro, impariamo anche noi, anche solo a fare meno danni. Il che, in questo momento, non è solo utile ma anche urgente.
 
Inoltre il modello rappresentato dai GAS e il vostro sito sono oggetto di particolare attenzione e di citazione da parte degli autori all’interno del testo (in particolare a pag. 138). In virtù di questo vi saremmo grati se riusciste a segnalare questo nostro testo ai vostri contatti.
Infine siamo disponibili a riconoscervi il 15% di sconto sul prezzo di copertina qualora siate interessati all’acquisto del volume (spese di spedizione aggiuntive Euro 4,00; pagamento a mezzo bonifico o bollettino postale).
In attesa di un gentile riscontro, saluto cordialmente.
 
 
Antonella Lucanie
 
dott.sa Antonella Lucanie
tel. 080/3971945 - 3346971
cell. 329/8391330
fax 080/3340399

Grazie per i commenti.

NE ABBIAMO ABBASTANZA- AGRICOLTURA CONTADINA ORA!



PAC: « Ne abbiamo abbastanza ! » Manifestazione a Berlino 19 gennaio 2013


Coordinamento Europeo di Via Campesina 
Comunicato stampa , Bruxelles 17 gennaio 2013
PAC: « Ne abbiamo abbastanza ! »

Il Coordinamento Europeo di Via Campesina aderisce e sostiene la manifestazione
« Wir haben es satt! »
Questo sabato 19 gennaio 2013 a Berlino
Il Coordinamento Europeo di Via Campesina (ECVC) dà il proprio appoggio alla manifestazione tedesca
in favore di una agricoltura famigliare e sostenibile, che si terrà questo 19 gennaio a Berlino. Questo
evento è co-organizzato da AbL, membro tedesco di ECVC, e da « Meine Landwirtschaft », una
coalizione tedesca della società civile.
In tutti i Paesi europei ne abbiamo abbastanza di questa politica agricola che continua ad eliminare
migliaia di agricoltori, nonostante sia chiaro che l’accesso ad una alimentazione di qualità è ben lontano
dall’essere assicurato a tutti gli europei, e nonostante la preoccupante degradazione dei nostri
ecosistemi.
Nel pieno della grave crisi finanziaria e sociale che sta colpendo tutta l’Europa, la proposta di riforma
della PAC post 2013 dovrebbe avere il coraggio di puntare al sostegno del lavoro, dell’agricoltura locale,
delle filiere corte e dell’« innovazione contadina ». Per questa ragione il tetto agli aiuti, il sostegno
alle piccole aziende agricole e alla agricoltura ecologica, dovrebbero essere considerati come degli
imperativi.
La manifestazione di Berlino esprimerà nuovamente ad alta voce quelle che sono le nostre proposte
per un nuovo ed indispensabile sistema agricolo e alimentare nel quadro della sovranità alimentare.
Con Henrik Mass di AbL, e Genevieve Savigny, del Comitato di Coordinamento Europeo, una delegazione
di ECVC sarà presente e disponibile per le interviste durante tutto il corso delle manifestazione.
ECVC sostiene la buona riuscita di questa manifestazione.
Porta-parola per la stampa ed i media:
· Genevieve Savigny -ECVC (FR -EN) +33 625551687
· Henrik Mass - AbL (DE –EN) +49 1608217015
· Irmi Saltzer - OBV – (DE-EN) +43-699-11 82 76 34
Grazie per i commenti.

venerdì 11 gennaio 2013

AGROECOLOGIA IN ITALIA

L’Agroecologia dall’America Latina all’Italia L’organizzazione in Italia di percorsi formativi in Agroecologia scaturisce dalla necessità di fornire agli agricoltori italiani una base teorico-pratica sulla quale formulare nuove ipotesi di produzione e di gestione dell’azienda e dell’ecosistema agricolo. Circa il 7% della superficie agricola del paese è interessato dalla produzione biologica, ma molto spesso si assiste ad una riproduzione in chiave bio dei modelli produttivi proposti e applicati dall’agricoltura tradizionale, come la monospecificità delle colture e il ricorso a dosi massicce di inputs esterni all’azienda. Un esempio molto calzante è il diffusissimo uso, in agricoltura biologica, di piretro, potente insetticida di origine naturale ma con elevato grado di tossicità. Oppure, la scarsa attenzione per l’ecosistema agrario anche da parte di alcuni produttori biologici è testimoniata dalla pesante meccanizzazione che porta con sè arature profonde che sconvolgono la vitalità del suolo. La proposta di seminari di Agroecologia in Italia condotti dagli esperti latinoamericani nasce dalla convinzione di potere trasferire esperienze di successo anche nel contesto italiano, nell’ottica della creazione di una rete di interscambio fra paesi in cui l’Italia possa essere beneficiario e protagonista allo stesso tempo di un percorso volto alla creazione di un modello di agricoltura rigenerativa.


Ciò che siamo, la terra da cui proveniamo, come nutriamo il pianeta e come ci nutriamo, sono temi che non riguardano solamente l’agricoltura e le sue differenti tecniche. Riguardano un approccio più ampio e profondo, che partendo dall’agricoltura investe diversi ambiti fra i quali quello culturale e sociale. Anche in Italia, l’agricoltura può farsi veicolo di un cambiamento culturale e sociale più vasto, che indaghi tematiche quali il rapporto dell’uomo con gli ecosistemi, il recupero delle tecniche agricole ancestrali, la tecnologia come elemento di innovazione e sviluppo se accostata al rispetto della natura e dell’uomo.
http://www.agricolturaorganica.it/agroecologia/
Grazie per i commenti.

giovedì 10 gennaio 2013

the tragedy of waste

GLOBAL FOOD
WASTE NOT, WANT NOT

Feeding the 9 Billion: The tragedy of waste

By 2075, the United Nations’ mid-range projection for global population growth predicts that human numbers will peak at about 9.5 billion people. This means that there could be an extra three billion mouths to feed by the end of the century, a period in which substantial changes are anticipated in the wealth, calorific intake and dietary preferences of people in developing countries across the world.
Such a projection presents mankind with wide-ranging social, economic, environmental and political issues that need to be addressed today to ensure a sustainable future for all. One key issue is how to produce more food in a world of finite resources.
Today, we produce about four billion metric tonnes of food per annum. Yet due to poor practices in harvesting, storage and transportation, as well as market and consumer wastage, it is estimated that 30–50% (or 1.2–2 billion tonnes) of all food produced never reaches a human stomach. Furthermore, this figure does not reflect the fact that large amounts of land, energy, fertilisers and water have also been lost in the production of foodstuffs which simply end up as waste. This level of wastage is a tragedy that cannot continue if we are to succeed in the challenge of sustainably meeting our future food demands.

Grazie per i commenti.

martedì 8 gennaio 2013

VOTA LA PEGGIORE

Public Eye Award, il premio per le peggiori corporation del pianeta


Public-Eye-Awards-logo



Per votare basta andare sul sito www.publiceye.ch ed esprimere la propria preferenza. È infatti partita in questi giorni la corsa al “premio” per le multinazionali più cattive del pianeta, “organizzato” dal 2000 da Greenpeace Svizzera e Berne Declaration e che quest’anno sarà assegnato il 24 gennaio. Anche questa volta la cerimonia per la consegna del poco ambito riconoscimento si terrà in contemporanea con il World Economic Forum in programma a Davos. Ovvero l’incontro dei guru del capitalismo mondiale, da quando c’è la crisi meno scintillante e fastoso rispetto al recente passato.
Le candidate all’oscar per le cattive pratiche ambientali e sociali sono sette, in rappresentanza di ben quattro continenti. Si va dalla francese Alstom, “specializzata” in corruzione, alla Coal India, che con i suoi 400 milioni di tonnellate di carbone estratti l’anno (il 90 per cento della produzione del Paese asiatico) contribuisce non poco al dramma dei cambiamenti climatici, per proseguire con la compagnia britannica di sicurezza privata G4S (che “pare” sia abbastanza esperta di violazioni dei diritti umani e delle regole più basilari del diritto internazionale, essendo presente in ben 125 Paesi del globo).
Ma non potevano mancare la Goldman Sachs, l’anima nera della finanza internazionale, la Lonmin, l’azienda del settore minerario legata al dramma di Marikana (44 minatori uccisi dalle forze di polizia sudafricana nell’agosto del 2012, chiamata in causa dalla stessa Lonmin per sedare le proteste contro le pessime condizioni lavorative) e ancora la Shell, la oil corporation impegnata in attività estrattive nella regione dell’Artico e che un po’ ovunque nel mondo – in primis nel Delta del Niger – si “contraddistingue” per il suo pessimo record ambientale.
Dulcis in fundo – si fa per dire – la Repower, società che gioca in casa, visto che è svizzera, ma che nella nostra Calabria vuole costruire insieme alla multi-utility italiana la centrale a carbone di Saline Joniche. Poco importa che praticamente tutta la popolazione locale sia contraria e che il progetto avrà impatti devastanti – oltre a “incastonarsi” in un contesto dove la criminalità organizzata la fa da padrone.
Per chi ne vuole sapere di più, così da ponderare bene la sua scelta, a seguire ci sono altri link utili:

https://dl.dropbox.com/u/7150725/Peye/SpoofsPublicEye2013.zip
www.facebook.com/publiceyeawards
www.twitter.com/peawards


Grazie per i commenti.