mercoledì 26 febbraio 2014

LA POSTA IN GIOCO e LA FANTASIA AL POTERE

Il governo Letta ha poca fantasia, e così ha scelto di intervenire per ridurre il debito pubblico ricorrendo a nuove privatizzazioni. L'attenzione dei media si è concentrato sul pezzo senz'altro più pregiato a finire sul mercato, che è Poste Italiane spa. L'elenco delle società di cui è prevista la privatizzazione, nell'ambito della misura M17 del piano denominato "Destinazione Italia" ("Valorizzare le società partecipate dallo Stato anche con la predisposizione di un piano di dismissioni", destinazioneitalia.gov.it), è però più ampia, e contiene anche il nome di società che non sono propriamente partecipate dallo Stato. Sono Fincantieri, Snam e Terna. La prima è controllata da Fintecna, che a sua volta è una società del perimetro di Cassa depositi e prestiti (Cdp). La seconda e la terza -che gestiscono la rete gas e la rete di trasmissione elettrica- sono nella pancia di Cdp Reti, anch'essa controllata da Cdp, di cui verrà venduto il 49 per cento. 

venerdì 21 febbraio 2014

LA TERRA DELL'OSSO

Il Cilento.  La nostra "terra dell'osso" abbandonata e lasciata morire.

Il cilento muore ogni giorno. Strade chiuse, frane, smottamenti,
terremoti e alluvioni. Il mio Cilento sta naufragando come le promesse
mancate di politicanti di terz'ordine che promettono l'Eden ma poi
lasciano la palude. Da anni sotto scacco dei soliti potentati locali,
una sorta di feudalesimo barocco che ormai è penetrato nel dna degli
stessi cilentani.
Le aree interne, diceva Manlio Rossi Doria, sono quelle che andrebbero
maggiormente tutelate e protette, sono lo scheletro vero del paese.
Definì alcune aree interne della Campania e dell'Appennino proprio "la
terra dell'osso".
La nostra "terra dell'osso" della provincia di Salerno è proprio
l'area a Sud di Eboli. Dove Cristo si è fermato, ma non è più
ripartito.  Dove per ottenere i propri diritti bisogna urlare in uno
spazio vuoto. Dove si chiudono gli ospedali, dove si cercano di
insediare discariche, dove si chiudono gli uffici postali, dove i
servizi essenziali di sopravvivenza vengono barattati come patate o
funghi. Dove ancora oggi, anno del signore 2014 si muore  sulle
strade, bagnate dal sangue di chi le percorre  alla ricerca della vita
e di un futuro spezzato. Così è morta Emma giovane ambientalista che
tornava da Pollica. Da un paese che pochi anni fa è stato bagnato dal
sangue di un uomo perbene.

Dove c'è un parco del cilento che dovrebbe maggiormente tutelare il
territorio e non essere una gabbia in cui lottare per ottenere un
posto da presidente.

Chi vive nei paesi interni si sente come un cittadino di serie B,
lasciato solo, come se non fosse Campania, come se non fosse Italia.
Ognuno è migrante nella propria terra, vivendo su un barcone come i
naufraghi che dalla Libia partono per credere ancora che valga la pena
di provare a vivere. Il nostro barcone è l'inedia, l'apatia in un mare
di attese.

Io amo il cilento, amo il paese in cui sono nato, Roccadaspide, il mio
posto dell'anima, il luogo della memoria e degli affetti molti dei
quali non ci sono più. "Un paese abbarbicato sulla montagna come una
rana gigante", lo avrebbe definito Maria Teresa di Lascia, poetessa e
attivista radicale morta prematuramente e nata in un piccolo paese
della Puglia.
Ho una profonda rabbia per l'abbandono del territorio, per luoghi
piccoli ma indifesi come bambini al freddo. Il cilento interno è ricco
di storia, di luoghi ameni e meravigliosi, ma è in uno stato di totale
abbandono. Ci si ricorda solo d'estate della bellezza dei luoghi,
quando anche i padroni di questa regione vanno a bagnare le loro
natiche nel mare trasparente di Acciaroli o di Castellabate.

Se girassero come ho girato io questi paesi ci si renderebbe conto
della profonda dignità di contadini e gente di montagna che Nuto
Revelli definisce in un suo bellissimo romanzo "I vinti". In quella
terra c'è il sangue dei braccianti che hanno lottato per il loro pane,
c'è il grido muto di generazioni di donne abbandonate dai mariti che
con la valigia di cartone partivano per le fabbriche del nord.  Si
sente ancora e si respira in alcune case quell'odore, quel senso di
sacrificio e di amore.

Peppino ormai ha più di 80 anni e ogni mattina con la sua vespa va a
pascolare i propri animali in montagna. Schiena diritta, sigaretta
sulle labbra come in un quadro impressionista, non si piega mai.
Lavora e ama la sua terra. Il cilento è questo. Un vecchio che non si
stanca mai. Perché la terra lo nutre. Quella stessa terra che gli ha
dato la vita.

Andrea D'Ambrosio- regista.
 
Grazie per i commenti.

giovedì 13 febbraio 2014

LIBERALIZZAZIONI E SVENDITA DEI NOSTRI DIRITTI DALLA A ALLA Z

Liberalizzazioni, dalla A al TTIP

Venerdì 14 febbraio a Roma presso Scup (via Nola 5), si terrà l’Assemblea Costitutiva della campagna contro il Trattato di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti tra Europa e Stati uniti (TTIP). E dal 10 al 14 marzo i negoziatori delle sue sponde dell’Oceano Atlantico si incontreranno per spingere sulla svendita nei nostri diritti. Capiamo insieme perché dobbiamo fermarli.
occupy-wall-street-lamerica-che-si-ribella-e-cerca-unalternativa1-638x425
Bruxelles, una sala molto affollata, 123 lobbisti delle imprese e solo 40 rappresentanti di Ong tra cui 8 sindacati e chi vi scrive. Di fronte a noi, la Commissione europea schierata in forze, con rappresentanti di quasi tutte le direzioni generali, coordinati dal capo negoziatore europeo Damien Levie. Il loro obiettivo? Convincere tutti i presenti che il Trattato di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti tra Europa e Stati Uniti (TTIP), è la più grande occasione per riattivare l’economia accelerando gli scambi tra Stati Uniti ed Europa. Hanno fornito informazioni molto rapide, e molto molto superficiali: nessun dettaglio sul testo, nessun documento scritto: tutto detto di gran corsa e quindi difficile da seguire anche per i veri secchioni della materia. Alla faccia della trasparenza.

venerdì 7 febbraio 2014

LA SCUOLA DELLA TERRA

La scuola della terra

E’ nata nella Terra dei fuochi, dove “ci ribelliamo da molti anni, invisibili agli occhi dei grandi media”, da una famiglia di contadini che ha resistito alle lusinghe della speculazione edilizia e alle minacce della camorra. Forse è per questo che quando è diventata preside di un istituto di 19 plessi a San Giovanni a Piro (Salerno), Maria de Biase ha cominciato insieme a docenti, genitori e ragazzi a trasformare la scuola in uno strepitoso laboratorio di autoproduzione e di riciclo, dove coltivare orti sinergici e fare merenda con pane e olio sono azioni quotidiane. L’idea di apprendimento, tra saper fare e fare insieme, rompe così schemi educativi e confini di legalità, riscopre la sintonia con le categorie spazio e tempo “che in natura non corrono ma scorrono”. Con il racconto dell’esperienza della sua scuola, Maria aderisce alla campagna “Ribellarsi facendo
265118_4034883682905_1052804939_n
di Maria de Biase
Sono arrivata da Marano di Napoli a San Giovanni a Piro nell’estate del 2007, avevo in tasca la nomina a dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo del piccolo paese del Cilento e nell’animo la voglia di ricominciare. Mi lasciavo alle spalle oltre 25 anni di lavoro come insegnante nell’hinterland a nord di Napoli, anni di lavoro spesi nei progetti di educazione alla legalità in realtà devastate dal degrado e dalla cultura mafiosa. Scappavo dalla frenesia delle emergenze, dalle discariche, dai veleni, dall’insopportabile violenza che pervade ogni aspetto della vita umana di quelle zone.
Sono figlia di contadini, nata e vissuta sempre in campagna, in una azienda agricola che, negli ultimi decenni, ha continuato a resistere ai continui attacchi del cemento, alle lusinghe della speculazione edilizia, alle minacce della camorra. Mi portavo dietro l’amore per la terra che avevo respirato nella mia famiglia, l’orgoglio di non aver accettato di far parte di una modernità barbara e arrogante. Ho sempre studiato, mi sono interessata di urbanizzazione delle zone rurali, e la terra dove sono vissuta mi ha fornito la materia prima per approfondire il fenomeno. Ho osservato le conseguenze della cementificazione selvaggia, il potere dei geometri, la perdita di “identità” delle comunità rurali, la negazione di ogni bellezza. Negli anni ho accumulato tante conoscenze ma anche tanto dolore per lo scempio che avveniva sotto i miei occhi. Terra dei veleni, terra dei fuochi viene definita. La terra che i miei nonni, i miei genitori, hanno coltivato con impegno e determinazione, permettendo a me e ai miei fratelli di studiare e di vivere con onestà e dignità è stata inesorabilmente attaccata, violata e contaminata.